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      Sotto la domestica tribuna era l'antica sepoltura dei Cavour. Consunte le casse mortuarie, andarono rimescolate e confuse le ossa dei cadaveri che furono colà piamente raccolte in luogo distinto della cappella sepolcrale, costrutta e decorata dopo la morte del Conte Camillo.
      Vi si giunge scendendo per erboso declivio e passando per un praticello vestito di fiori e cinto di pioppi, acacie e salici piangenti.
      L'architetto del recente sepolcreto non lo immaginò con le colonnette sottili e i leggiadri trafori dell'arte gotica, convenienti al misticismo cristiano; ma, pensando al grand'uomo ivi sepolto, vi costrusse un tempietto d'ordine dorico con colonne di granito bigio alla porta, che ricordano le costruzioni egizie.
      Il concetto pagano di quell'edifizio è severo com'erano la favella ed i costumi, l'arte e le leggi presso i Dori; e ben si addice ad onorare fondatori e reggitori di Stati.
      La piccola croce, che, come straniera al carattere dell'edifizio, sovrasta alla porta, ci ricorda le ultime ore del Conte, in cui la fede cristiana coronò tutte le glorie dell'uomo di Stato.
      Entrammo nella funebre cappella. Sono di marmo nero le sue pareti e le due colonne che la reggono coi bianchi capitelli di marmo carrarese. In fondo vi ha un altare, e nelle lapidi le scritte ricordano i recenti sepolti. In quella dell'uomo, per cui colà movemmo, si legge:
     
      CONTECAMILLO BENSO DI CAVOUR
      NATO IL X AGOSTO MDCCCX, MORÌ IL VI GIUGNO MDCCCLXI.
     
      Presso di lui giacciono le ceneri del suo fratello Marchese Gustavo, filosofo cristiano, e le spoglie del suo nipote Augusto, guerriero della patria, morto ventenne nel 1848 per le ferite riportate nella battaglia di Goito.


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





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