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      27. Birifrazione.
      Prima di chiudere questo Articolo è utile dare almeno un cenno sul modo straordinario di rifrangersi che tiene la luce, allorchè trapassa una certa classe di corpi.
     
      I. SCOLII. 1° Quando un fascetto di luce s'introduce in un cristallo non appartenente al sistema primo, ossia cubico, come sarebbe lo spato d'Islanda; ovvero quando entra in certi corpi non cristallizzati, esempigrazia nella madreperla; oppure quando trapassa un corpo qualunque vuoi compresso, vuoi dilatato per mezzo di una forza meccanica o del calorico, generalmente parlando si biforca in due mezzi fascetti distinti e separati. Ond'è che se (fig. 58.) un corpo di tal fatta (ABCD) trovisi esposto ad un punto lucido (O), in un dato sito di esso s'introdurranno due distinti fascetti (OI, OE) di luce. Questi dunque, ove nell'uscire dal detto corpo s'imbattano sopra un opaco, potranno su di esso dipingere due imagini (una in I ed un'altra in E) del punto medesimo.
      Che se invece al di là del diafano stesso esista un occhio (V), questo dovrà accogliere tanto i raggi (OEV), che sono atti a formare (in O') una delle dette imagini, quanto quelli (OIV), che sono disposti a rappresentare (in O'') l'altra.
      2° Ordinariamente uno dei due mezzi fascetti, in cui la luce si è scompartita, ubbidisce alla legge cartesiana della rifrazione, e l'altro no.
      3° In ognuno dei corpi, capaci d'imprimere due deviazioni diverse alla luce, che vi s'intromette, vi è sempre una certa direzione, intorno alla quale i fenomeni sono gli stessi da ogni lato: e nel piano della quale giacendo il raggio incidente, non vi è separazione veruna nel rifratto.


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Elementi di Fisica Universale
Parte Seconda. Volume Secondo
di Francesco Regnani
Stamperia delle incisioni zilografiche Roma
1863 pagine 428

   





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