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      Non sì tosto il Continente si ripose in calma, che i nuovi rifuggiti dimentichi del passato, e poco previdenti dell’avvenire, non sentendo che il desiderio di rivedere le loro native contrade, risolsero di subito ritornarvi. Tale infatti si fu la folla delle persone restituite ai loro focolari, che il prefetto di Roma, parlando della sua sola città, annunziò alla corte l’arrivo in un sol giorno di quattordicimila emigrati. Non è dunque a quest’epoca che debbasi fissare l’instituzione della nostra festa, poiché quantunque la popolazione si fosse accresciuta in tutte queste emigrazioni, pure essa non era tanto numerosa quanto conviensi a città. Ma si accrebbe assai più nell’anno 452, all’arrivo degli Unni in Italia, popolo uscito dal fondo della Scizia, che guidato da Attila stampò orme di sangue ovunque i passi rivolse. Questo nuovo conquistatore superava tutti i suoi compatriotti sì nel coraggio che nella destrezza. Sapeva alternativamente impiegare l’influenza della speranza e del timore, dell’ambizione e dell’interesse per giungere ai suoi fini. Adoperò perfino le superstizioni religiose, adattate allo spirito del suo secolo e della sua nazione. Questo artificioso re accettò come un dono celeste un’antica spada, che un contadino, trovata fra l’erba, osò offrirgli. Attila giudicandosi allora legittimo possessore della spada di Marte, reclamò i suoi diritti divini e incontrastabili. Da quel momento questo favorito del Dio della guerra acquistò un carattere sacro, ed i suoi cortigiani sia per divozione, o piuttosto per adulazione, solevano dire, che i loro occhi non potevano sostenere lo splendore maestoso del re degli Unni.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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