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      Un monarca più incivilito, cioè Augusto stesso, compiacevasi che si credesse esservi nel suo volto un non so che di divino, e gioiva quando alcuno nel guardarlo fiso era costretto di abbassare gli occhi, come se offeso fosse dai raggi del sole. E a’ giorni nostri non abbiamo noi forse veduto un uomo straordinario, il quale divenuto sovrano di una grande nazione, amava di porre in angustia le persone più illuminate e meglio accreditate, confondendo il loro spirito con quistioni disparate e le più opposte ai loro studi e alle loro occupazioni? V’è luogo a credere, ch’egli agisse in questa maniera per indurre la gente a persuadersi, che fossevi qualche cosa in lui di soprannaturale, atta ad abbagliar le altrui menti. In fine Attila valicò le Alpi, e venne a porre l’assedio ad Aquileja, che era la sola barriera che ritardava la conquista dell’Italia, e ben presto egli la ridusse a tale, che i posteri giunsero a discernere appena le sue rovine. Dopo ciò Attila continuò la sua marcia. Altino, Padova, Concordia, che si trovavano sulla via, non presentarono poscia che un ammasso di pietre e di cenere. Portò egli in oltre le sue stragi nelle fertili pianure della Lombardia. Che più? Eccettuatene le nostre lagune, tutto il resto dell’Italia era per divenire un deserto, se il Senato ed il popolo romano non avessero risoluto, come per celeste inspirazione, d’inviare ad Attila alcuni oratori, e con essi quel Leone pastore santissimo di Roma, il quale espose la propria vita per salvar le sue pecore.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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