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      Giammai la felice Colonia delle nostre lagune non ebbe maggior ragione di attirare a sè nuovi fuggitivi; giacchè alla nativa ferocia que’ barbari aggiunsero, un inaudito disordine di amministrazione, e per dirla in breve, una tirannide ridotta a sistema. I magistrati e i ministri, comechè disuguali nel grado, erano eguali nell’immunità e nell’ingordigia. I soli Gabellieri la facevano da veri padroni dell’impero. Virtù e pudore erano nomi ignoti per essi; imposte legittime sfacciatamente chiamavano le sanguinose estorsioni a danno de’ popoli. Nè soltanto i ricchi ed i nobili erano preda de’ loro rapaci artigli, ma non ne sfuggivano nemmeno i poveri, mentre qualunque volta non potevano essi pagare i tributi, vedevansi que’ cannibali strappare di dosso agli uomini il saio, e alle femmine le loro sdruscite gonnelle: tutto in fine era calamità ed orrore. Ma quadro ben diverso offrivano le nostre lagune, che si popolavano e arricchivano incessantemente mercè le generali sciagure. Siccome però bene al mondo non v’ha che duri stabile e fermo, così, è pur forza confessarlo, questa nascente floridezza venne contaminata da quel miasma venefico, che per la troppo libera comunicazione con esterne nazioni incominciò a serpeggiare tra nostri indigeni, e giunse ad attoscare la comune felicità. La ferocia de’ barbari, l’instabilità de’ Greci, l’umore irrequieto e turbolento de’ vicini Longobardi a poco a poco si erano insinuati nel costume de’ Veneti isolani. Aggiungasi, che la popolazione, almen per due terzi, era già fatta marittima, e che il viver sul mare, se per l’una parte assai contribuisce a rendere forte e robusto il fisico, genera per l’altra una certa fierezza, irritabilità, durezza d’animo.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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