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      E chi mai pensato avrebbe, che questo Tempietto di San Geminiano, modello di semplicità e di eleganza, dovesse miseramente andare distrutto, ed essere argomento di comune amarezza? Era per verità ben giusto il riguardarlo come un’opera, che faceva all’arte distinto onore; comecchè il contrario paresse a qualche difficile forestiere, che accusava di nazionale predilezione il tributo di lode, che da noi gli fu sempre renduto, e singolarmente allora quando segnossi la sentenza della sua distruzione. Un incontrastabile suo pregio era certamente quello di portare nella facciata un carattere, che allontanando il confronto, faceva quasi svanire la dissonanza delle fabbriche contigue, e armonizzava in pari tempo la varietà degli edifizii, che fanno cerchio e corteggio a tutta la piazza. Di questa piazza appunto parlando, ebbe a dire il Petrarca a’ suoi tempi: cui nescio an terrarum Orbis parem habeat. E che non avrebbe detto egli, se veduta l’avesse due secoli appresso? Il di lui sentimento passò di bocca in bocca senza contraddizione. Di fatto non ve n’ha alcuna in Europa che possa vantare una eguale raccolta di monumenti così singolari e magnifici. Essa è l’opera di quattordici secoli, del concorso di circostanze diverse, e dello sforzo de’ più celebri architetti. Quivi è dove scorgesi la grave semplicità dell’architettura Greco-Barbara; quivi le bizzarrie leggiadre e ardite della Gottica; quivi le forme più ornate e nel tempo stesso più pure del buon gusto risorto della Greco-Romana; quivi in fine gli edifizii più solidi, più eleganti e più ricchi, che possono quasi emulare quelli della culta Grecia e della magnifica Roma.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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