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      Quindi ne derivavano odii e dissensioni fra i popoli. Quanto poi alla città di Ravenna, la sua posizione la faceva vagheggiare da amendue quelle nazioni in Italia sovrane. Al tempo di cui ora parliamo, la possedevano i Longobardi. Allorchè Luitprando passato era in ajuto de’ Francesi contro i Saraceni, Ildebrando di lui nipote, insieme con Perindèo Duca di Vicenza suo alleato, avevano a di lui volere espugnata quella città, ed appena appena era riuscito a quell’Esarca di sottrarsi alla schiavitù, rifuggendosi in queste lagune.
      La perdita di Ravenna fu un colpo terribile sì per la corte di Costantinopoli, che per quella di Roma, ed entrambe meditarono tosto ogni mezzo per ricuperarla. Il migliore si era di rivolgersi ai Veneziani, riputatissimi omai per valore e per forze. Intanto il fuggitivo Esarca erasi già presentato al Doge Orso Ippato, il cui carattere vivo e intraprendente inspirar poteva le maggiori speranze. Il Doge accolto avealo con dignità ed affetto, ma qual che si fosse la sua propensione a favore del supplicante, nulla da per sè solo decidere poteva, siccome quegli ch’era semplice capo di libera Repubblica. Potè egli bensì convocare una Assemblea Generale ad oggetto di trattarvi questo importantissimo e delicatissimo affare. Vi venne ammesso anche l’Esarca, il quale in tuono patetico ed insinuante espose tutti i suoi mali, il pressante bisogno di soccorsi, l’aggradimento che ne avrebbe mostrato l’Imperatore, e la fama che ne sarebbe venuta al Veneto nome, se si fossero accinti alla giusta impresa di assisterlo.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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