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      Era questa composta di pietre preziose, e particolarmente di ventitre smeraldi, de’ quali cinque, che formano il traverso, vincevano in bellezza quanto si può vedere in tal genere. Regalo così inestimabile venne dal Doge sommamente gradito, e da quel momento si stabilì, che il superbo diadema non avesse a servire se non per il giorno della coronazione de’ nuovi Dogi. Ma perchè quelle buone religiose non istessero del tutto prive del piacere di rivederlo (piacere che richiamava alla memoria un’azione nobilissima di quella comunità), si decretò inoltre, che tutti gli anni nel giorno della visita da farsi a San Zaccaria, esso verrebbe tratto dal pubblico tesoro, e sopra un bacino presentato dal Doge medesimo, e mostrato a tutte le suore; il che fu sempre esattamente eseguito.
      Un triste avvenimento accaduto l’anno 864 contribuì a dare a questa Festa un lustro maggiore. Da lungo tempo v’aveano in Venezia forti dissensioni fra alcune nobili famiglie, e sotto il Ducato di Tradonico più che mai infierivano. Tutta la Città parea divenuta un campo di battaglia; non essendovi giorno, in cui le due fazioni non si scontrassero, e non venissero fra di loro alle mani. Si azzuffavano a torme, nè mai distaccavansi senza prima avere sparso molto sangue. Il Doge tutto tentò per conciliare gli accaniti cittadini; ma gli venne ciò che d’ordinario incontra chiunque nel calore delle altrui dispute spiega uno spirito conciliatore. Volendo destreggiare, si rese sospetto di parzialità ad entrambe le parti.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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