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      Sembrò essere suo destino il dar fama a quella nazione che dovea renderla più infelice. Quasi non fossero state assai le calamità che sin allora avevanla oppressa, si videro nell’anno 888 lanciarsi su i nostri ameni e fertili campi immense torme di mostri peggiori ancora di quanti barbari ne’ secoli precedenti gli avevano devastati. Erano questi i Tartari Ugri o Ungri, popolo feroce, crudele, avido di bottino, senza freno di leggi, che sacrificava uomini e donne alle sue deità, che si abbeverava nel sangue degli uccisi nemici, e se ne mangiava il cuore per medicina. Percorsa di ciò la fama, i Veneziani, memori delle sciagure già sofferte dai vicini, e del loro stesso pericolo, pensarono a tempo alla propria sicurezza. Il Doge allora regnante Pietro Tribuno propose i mezzi di prevenire qualunque attentato. Fece egli fortificare il quartiere d’Olivolo, che per ciò acquistò il nome di Castello. Innalzò quivi una muraglia, che estendendosi lungo tutta la odierna riva degli Schiavoni, e radendo il Canal Grande, arrivava sino a Santa Maria Zobenico. Durante la notte ordinò che si tirasse una grossa catena di ferro da quest’ultimo punto sino alla Carità, con che attraversavasi il Canal Grande in modo da non potervisi passare. Comprovò il fatto quanto saggia fosse stata simile previdenza; poichè dopo che que’ barbari aveano messo in fuga gli eserciti fra di loro belligeranti dei Duchi del Friuli e di Spoleto, e portato il ferro ed il fuoco in tutta la Lombardia, rivolsero le loro mire anche sopra Venezia.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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