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      Ma quel versare l’acqua santa, e quel benedire le volubili onde non era egli un atto di religiosa invocazione in pro di quelli, che dovevano esporvisi, ed un bel presagio di prosperità per lo Stato? O non potrebbesi anche prendere per un segno di pietosa riconoscenza verso i nostri sventurati concittadini, che dentro quelle onde giacciono sommersi? Volgendo infatti il pensiero sopra tutti i disastri della navigazione, e sopra il numero degl’infelici ingojati dal mare, senza godere dell’onor del sepolcro, senza l’accompagnamento di preci ed esequie, senza il fumo di odorosi incensi che consoli le loro ombre, senza che la mano dell’amicizia scolpir possa i loro nomi amati sopra di quella mobile e profonda tomba, non è fuor di ragione, che ottenere dovessero questo tenero addio dalla patria, e ricevere questo Asperges divoto in quel loro comune vastissimo cimiterio.
      Ma per ritornare a questo giorno sì rinomato, esso anche in antico fu detto la Festa della Sensa cioè dell’Ascensione. Concorrevano a Venezia in folla i forestieri sino dal tempo delle Crociate, essendo quella la stagione, in cui i pellegrini usavano fare il passaggio di Terra-Santa. Quando poi la navigazione ed il commercio si dilatarono, e lo Stato andò crescendo in potenza, allora il marittimo spettacolo prese l’aspetto di un solenne trionfo, quale certo non sarebbesi potuto vedere altrove, e la cui fama si sparse per tutto il mondo. Il giorno dell’Ascensione era veramente quello in cui il Doge si presentava al pubblico in tutta la pompa, e come capo supremo della più ricca e florida tra le Repubbliche.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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