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      Cominciossi dal cercar un fondo di purissima argilla. Questo si circondò di un muro abbastanza forte all’urto dell’onde, ed abbastanza alto per impedire, ch’esse non mai vi entrassero, per quanto grande fosse il traboccamento del mare. Tutto quel chiuso spazio da prima si asciugò, indi lastricossi di marmo. Nel muro si apersero qua e là dei fori per la necessaria introduzione delle acque, le cui più lievi particelle venendo dalla forza del sole attratte in vapori, rimanevano le altre più pesanti convertite in una dura crosta salina attaccata alla superficie del lastrico. Queste saline così costrutte, ed in luoghi dove la natura stessa proibiva di farlo, erano una delle meraviglie del nostro paese. Esse ebbero la riuscita la più felice; poichè procurarono non solo la quantità di sale occorrente a tutta la popolazione, ma apersero inoltre un ramo di commercio molto esteso, e che i nostri isolani seppero condurre in guisa da render ligia ai loro voleri non solo quasi tutta l’Italia, ma altri popoli ancora, come gli Ungari, i Dalmati, i Greci, che per liberarsi da tal giogo mossero molte guerre. Tutto fu vano, perchè i Veneziani per quasi dieci secoli la vollero a modo loro. Dopo le conquiste che facemmo delle saline dell’Istria e della Grecia, o forse, ciò ch’è più probabile, da che non potemmo più costringere le altre nazioni a comperare il nostro sale, tutte queste Saline scomparvero dalla faccia delle nostre lagune; solo si crede essersene trovato qualche resto nell’atterrare la Chiesa di San Geminiano, e nell’isola di San Giorgio Maggiore, costruendovi il porto franco.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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