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      E chi non rimane sorpreso dalla grandezza dell’impresa, osservando queste splendide e immense moli di marmo, che s’innalzano sopra masse di suolo avventizio? Nè queste son già opere soltanto degli ultimi secoli. Sin dal 995 il pubblico palazzo venne considerato come cosa assai ragguardevole, e degno che vi albergasse l’Imperatore Ottone, che fu allora in Venezia. I cronisti dell’undecimo secolo esaltano grandemente i palagi maestosi, belli ed ornati, che già esistevano. Sì in questi, come pure nelle case anche mediocri, vi erano i loro cammini, quando in Italia, e nella stessa Roma anche i Signori accendevano il fuoco in mezzo alle stanze, e per un buco cacciavano il fumo. Le forti procelle e venti furiosi delle lagune avranno forse spanto il fumo a segno di cagionare troppo grave incomodo; quindi gli avi nostri saranno venuti alla costruzione dei cammini, che per la loro esterna forma a campana, diversa da quella che poi costumasi altrove sembra assicurare essere cosa nativa, e non appresa da altri. I pavimenti delle case erano anche allora formati la maggior parte, come lo sono oggidì, di quel lastricato, quasi da noi soli usato che chiamasi Terrazzo. Egli è un composto di calce, di mattoni infranti, seminati a capriccio di vario-pinte pietruzzole, il quale indurasi con battitoj, si lustra con olio linaceo, e si liscia colle pomici, e diviene bello e polito. Vedendolo lavorato con tanta perfezione solamente nelle nostre lagune, esso può venire considerato se non come una invenzione assolutamente Veneziana, almeno però come una delle arti, in cui i maggiori nostri si sono distinti; di che ne fanno fede molti avanzi trovati sotto il guasto moderno.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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