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      Non è però a credersi che a ciò soltanto limitassero la loro sollecitudine, e sdegnassero di associarvi quelle arti più nobili che sono la vera delizia dello spirito umano. La poesia, per esempio, quanto non prosperò tra le nostre lagune? Se altri non potessimo schierare che un Bembo, un Navagero, un Bernardo Capello, avremmo abbastanza di che insuperbire per questi nomi soltanto. Ma l’eloquenza doveva essere il partaggio di un popolo che più d’ogn’altro somigliava a quello di Atene e di Roma. Quattordici e più secoli di politica esistenza può numerare la nostra città, ed altrettanti appunto ne conta appo noi la gloria di quest’arte divina. Se v’ebbe chi presagì non ha guari alti destini all’Italia, perché creata dalla natura alla poesia estemporanea, non oscuri dovrebbero essere i giorni d’una nazione capace di adeguare la magniloquenza de’ Romani e de’ Greci. Che che sia di ciò, in mezzo ad un popolo sensibilissimo alle grazie della poesia e della eloquenza, non è a stupire che con rapidità non comune si sviluppassero altresì le arti del disegno che non men di quelle, son figlie di fantasie fervide, pronte, creatrici. A coltivarle e a mantenerle in fiore a Venezia ci avea qualche parte anche l’interesse. Il soccorso della pittura, della scultura, dell’architettura non potea che giovare al perfezionamento di quelle arti meccaniche che aprivano sì ricca fonte di lucro al genio mercantile dei nostri padri. Che sarebbero in fatti le manifatture degli artisti, se il gusto del disegno non ne tracciasse le forme, e non le riducesse ai principj generali della bellezza?


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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