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      Ma intorno alle belle arti ci si offrirà miglior campo di parlare nella Festa susseguente. Esse rispetto alla Fiera dell’Ascensione che attualmente forma il nostro primario scopo, non potrebbero occupare che il secondo posto. E d’altronde la Scuola Veneziana che nella pittura ci diede un Tiziano, un Paolo Veronese, un Tintoretto; nell’architettura un Sansovino, un Palladio, uno Scamozzi, e nella scultura parecchi egregi scarpelli, tra quali l’ultimo che ci rinnovellò i prodigi di Fidia, di Policleto, di Prassitele, la Scuola, dico, Veneziana merita di avere un articolo ad essa sola consacrato.
      Giunta l’industria de’ nostri poco lungi dall’apice della perfezione, non istettero le altre nazioni ad aspettare che i Veneziani recassero le proprie manifatture ne’ loro paesi, ma spedirono qua de’ mercadanti a farne la compera. Ciascuna faceva a gara per acquistar ciò che in nessun altro luogo si sarebbe trovato. Venezia allora divenne l’emporio di tutte le genti. Anche prima del nono secolo usavasi tenere ogni settimana un mercato in Olivolo a cui però concorrevano solamente gli abitanti delle vicine spiagge; ed in Murano si facevano due Fiere all’anno per lo spaccio degli specchi, e dell’altra merce vetraria. Crebbe l’affluenza de’ forestieri, quando Papa Alessandro III concesse molte indulgenze a chi visitasse la Chiesa di San Marco, e quella della Carità negli otto giorni susseguenti alla festa dell’Ascensione. Si videro allora venir persone divote da tutte le città d’Italia, non che d’oltremare.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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