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      Ma perchè la folla empieva la Sala, ed i servi si trovavano impicciati nel prestare il loro ufficio, era pur uopo che il popolo si ritirasse dopo il primo servito. E come fare per riuscirvi? Niuno aveva la permissione d’intimar la partenza, nè certo veruna forza militare dovea intervenirvi. Fu preso dunque l’espediente, che, come si usa nei sacri templi, quando alcun fervido divoto rapito in estasi dimentica l’ora della partenza, un usciere del palazzo scuotesse un fascio di chiavi; al qual segnale ognuno senza più se ne andava.
      Partiti gli spettatori, sottentravano i musici. Sempre fu l’armonia fida compagna dei festivi conviti. Credono alcuni, che vi fosse introdotta, perchè col suo incanto accrescesse quella giocondità, che provano gli animi nel confondersi liberamente insieme, il che sempre accade tra il fumar delle tazze e delle vivande; ma chi sa che il costume non fosse anzi diretto ad un oggetto tutto contrario? Egli è certo, che il misurato suono delle note musicali può giovare ad infrenar gli smoderati trasporti del giubilo, ed assoggettarli ad una non so quale armonica legge, ed a ritenerli tra i confini dell’ordine e del decoro. Procuravasi sempre, che in queste nostre musiche entrassevi qualche cosa di particolare. Troviamo memoria, che a’ tempi del Doge Agostin Barbarigo, Cassandra Fedeli, giovane Veneziana illustre non men per bellezza che per sapere, dilettò una volta l’augusta brigata col cantare all’improvviso bei versi latini, accompagnandoli col suono della sua lira.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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