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      Qui il Doge, la Signorìa, il Senato, gli Ambasciatori intervengono solo per presiedere, e per aggiunger decoro colla presenza ad una specie di giuochi proprj del solo popolo di Venezia, che se non gareggiano in pompa e splendore con quelli dell’antichità, sono degni di competer con essi per la fina politica, ond’ebbero origine, e per la ilarità che svegliano ne’ cuori. Ma prima di far parola dello spettacolo, diasi una occhiata a due fazioni differenti e sempre tra loro rivali, l’una detta de’ Castellani; l’altra de’ Nicolotti, dalle due contrade di Castello e di S. Nicolò, che sono tra le principali, l’una di qua, l’altra di là del gran canale, che divenne di ambedue le fazioni il confine.
      Il principio di quella contrarietà, che il tempo non valse ancora a distruggere, è non meno antico che incerto. Potrebbe essere anteriore all’epoca in cui queste isole non erano per anco congiunte in una sola città, e potrassi dire, che la caccia, la pesca, i limiti non ancora fissati del loro territorio, facessero nascere e mantenere certe dispute e querele fra gl’isolani, che in appresso si convertirono in odio e divisione di partiti. Potrebbesi anco a tali congetture aggiungere, che a’ tempi calamitosi dell’Italia, quando Venezia apriva il suo grembo consolatore a tutti gli sventurati, che vi si rifuggivano, gli abitanti di Equilio e d’Eraclea, formanti due fazioni fra di loro molto accanite, venissero qui a cercare un asilo, e che secondando probabilmente gl’impulsi dell’avita loro avversione, si piantassero nelle due opposte sponde del gran canale, onde vivere gli uni segregati dagli altri; e che meschiandosi quelli co’ Castellani, questi co’ Nicolotti vi diffondessero tra loro lo spirito di partito, il quale venne crescendo in proporzione dell’aumento della popolazione, e delle rispettive cause di odio scambievole.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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