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      Ciò fu tenuto per incontrastabile, nè vi fu che un certo signor Forfait, il quale in questi ultimi tempi osasse annunziare all’Istituto di Parigi, ed anche stampare, che «l’Arsenal di Venezia non merita più di essere risguardato, che come un monumento antico, fatto appena per eccitare la curiosità dell’uomo, che si compiace d’indagar le traccie rare e impercettìbili, che ha lasciato nella serie de’ tempi il lento progresso delle scienze e delle arti nautiche.» Per sapere qual peso debbasi dare a questa opinione, sì opposta al giudizio di tutti gl’intelligenti d’ogni nazione, converrebbe ch’egli ci avesse detto se ha giudicato così al suo arrivo o alla sua partenza. Ne lascio la cura a’ miei leggittori.
      L’Arsenale di Venezia è una specie di città dentro la città. Lungo sarebbe il descrivere i vasti magazzini altrevolte ripieni di alberi, di timoni, di ancore, e di quanto potrebbe bastare pel lavoro di dieci anni sì riguardo al servigio, e sì alla costruzione de’ vascelli. Infinite erano le officine, ove mille braccia sudavano intorno a mille opere d’ogni maniera che strepitavano un giorno pe’ martelli de’ lavori di ferro e di acciajo. Stupendo edifizio è la gran fonderia de’ cannoni e delle palle; ma più stupendo ancora è quell’altro destinato al travaglio del canape. Esso conserva il nome di Tana, derivato dal famoso porto così chiamato, e dalla città antichissima che da Tolomeo fu detta Tanay, per essere posta sulle rive del fiume Tanay, ora detto Don; giacchè i Veneziani ne’ loro primi tempi colà si recavano a fornirsi de’ canapi per la marina.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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