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      Egli, trovandosi con ciò interamente soddisfatto, si congedò, e ritornato alla sua flotta la fece tosto riordinare per ricominciar subito i concertati attacchi con più vivacità e ardore di prima.
      Veramente ciò che diede l’ultima mano alla presa di Tiro, dopo cinque mesi di assedio, fu per quanto dicesi, lo stratagemma di alcune lettere intercettate che venivano recate da una colomba. Nè v’è in ciò meraviglia, mentre è già noto l’antico uso ch’eravi in Sorìa, di avere speditamente avvisi da luoghi lontani col mezzo delle colombe. Che che ne sia, le truppe di Baldovino, non men che le Veneziane, entrarono nella città, e vi spiegarono sulle torri le loro rispettive bandiere. Il trattato già conchiuso fra le due nazioni venne esattamente osservato, ed il Doge prese possesso d’un terzo della città. Lo stesso venne in Ascalona, che poco appresso si arrese.
      Il re Baldovino che frattanto ottenuta avea la sua libertà, pagando però il riscatto, quando rientrò in Gerusalemme ed udì la convenzione seguita tra’ suoi agenti e la Repubblica, l’approvò e la confermò con un atto solenne, cioè vi pose il suo regale suggello. Inoltre dicesi, che in riconoscenza de’ servigi prestatigli dai Veneziani volesse, che qualunque volta il Doge di Venezia recato si fosse a Gerusalemme, avesse a ricevere quegli stessi onori, che si tributavano a lui stesso.
      Tutti questi vantaggi farono il motivo, che destò contro i Veneziani le gelosie ed i sospetti dell’imperatore Carlogiani, che regnava a Costantinopoli dopo la morte di Alessio.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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