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      Da quel momento si decretò, che il giorno di sant’Isidoro sarebbe Festa di palazzo, e che il Doge col suo augusto corteggio si porterebbe ogni anno ad assistere ad una messa solenne, ciò che sempre si fece.
      Poscia la Repubblica volle eternare in altro modo aucora le geste gloriose di uno de’ suoi prediletti figli, e a tal fine le fece dipingere in alcune Tavole, che veggonsi ancora oggidì nella sala già detta dello Scrutinio, perchè ad onta di tutti gl’incendj avvenuti nel pubblico palazzo, parea che il Governo si facesse un dovere di ristabilire sempre gli stessi monumenti come contrassegni pubblici della gloria dei privati. Vedesi in una la battaglia del Doge Domenico Michiel e la vittoria da lui ottenuta sul Califfo d’Egitto. In un’altra è rappresentato il suo famoso assedio di Tiro. E perchè questa saggia Repubblica non contentavasi del valor militare, ma voleva insieme che i suoi Generali nodrissero la più rigida morale ed uno spirito affatto cittadino, così per dare un esempio di queste qualità insieme associate, aggiuntavi l’altra virtù sì necessaria ne’ governi Repubblicani, della moderazione, fece dipingere nella stessa sala il Doge Domenico Michiel in atto di ricusare l’offerta sovranità della Sicilia.
      A questo modo i Magistrati della Repubblica di Venezia facendo delle belle arti l’uso più nobile e più degno, se ne servivano non meno per ricompensare che per istruire. Più saggi in ciò degli antichi che si ristringevano ad innalzar delle statue, monumenti che finivano col condurre gli animi ad una specie d’idolatria verso le persone, anzichè ad un giusto entusiasmo per le azioni, e che non aveano, come i nostri, il vantaggio di diffondere i semi della morale, porgendo insieme col testimonio della pubblica riconoscenza anche il precetto e l’esempio colla rappresentazione di fatti gloriosi ed atti a sublimare la fierezza Repubblicana.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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