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      Il deputato presentossi in atto supplichevole; cercò di gettar tutta la colpa della ribellione sopra la temerità di un piccolo numero; rappresentò trovarsi la città tutta immersa nel pianto, benchè la maggior parte degli abitanti fossero innocenti. Protestò, e giurò fedeltà e obbedienza alla Repubblica, scongiurò perchè fosse risparmiata una città ch’era l’ornamento del regno, e perchè sottratte pur fossero le loro mogli e i loro figliuoli al furore dei soldati. Quel comandante lo ascoltò senza mai interromperlo; poscia gli rimproverò la mala fede di un popolo sì accarezzato dal Governo Veneto, e che tante volte provato avea gli effetti della di lui clemenza. Indi gli fece sperare il perdono, qualora gli fossero dati indubitabili pegni di sommissione con promessa di esser sempre fedeli, senza mai più eccitare torbidi nell’isola. Aggiunse, che questo perdono egli non poteva concederlo che ai meno colpevoli, ma in quanto ai principali autori della ribellione, essendo persone facinorose ed infette, non potevano essere sottratti al meritato castigo. Prese tali disposizioni e segnati i patti, la città aperse le porte, e gli abitanti accolsero l’armata con una profonda umiltà.
      Venne poscia staccata una galea per recare a Venezia sì fausta notizia, ove ognuno stavasi impaziente di conoscere il vero stato delle cose; poichè tutto ciò che era preceduto, annunziava per parte dei Coloni una ostinazione difficile a vincersi. Ma alla fine il giorno 4 giugno un segnale dato dall’alto della torre di san Marco, pubblicò l’arrivo di una galea, che si affrettava di guadagnare il porto.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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