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      Nel secondo giuoco poi, in cui maggior era il pericolo, nè poteva esser eguale l’evento per tutti i combattenti, che in parte erano forestieri, altri premii furono stabiliti; cioè una corona di fin oro di molto peso con risplendenti gemme a fregio del vincitore; ed un cinto d’argento d’insigne lavoro a conforto di colui, che avesse ottenuto il secondo grado di gloria. Già l’editto dettato in istile bensì militare e volgare, ma però fregiato del testimonio del sigillo Ducale, era stato diffuso per le provincie confinanti e rimote, onde invitare a questo (come il chiamai) equestre combattimento tutti coloro che vaghi di simil gloria volessero intervenirvi. Vi accorsero infatti parecchi non solo di patria, ma di lingua diversi, pieni di fiducia nella loro militar perizia e virtù, non che di speranza di riportare onore. Allorchè pertanto cessò la gara del primo giuoco, il secondo ai quattro di agosto ebbe principio, e durò quattro giorni con tanta celebrità, che, da che fu piantata Venezia non si vide a memoria d’uomini spettacolo simile. Sull’ultimo dì per giudizio del Doge, de’ magnati, di molti militari stranieri, ed in particolare di colui, ch’era stato condottier della giostra, ed autor, dopo Dio, della vittoria e della letizia, il primo onore toccò ad un cittadino; il secondo ad un forestiere da Ferrara venuto.
      Qui ebbe termine il giuoco, ma non la gioia ed i prosperi successi: qui finisce ancora la presente lettera, in cui sforzomi di restituire a’ tuoi occhi, alle tue orecchie ciò che loro il morbo rapì, acciocchè ordinatamente tu sappia, ciò che tra noi si fa, ed affinchè comprenda, che anche tra gente di mare trionfa la milizia, la magnificenza, i tratti d’animo eccelso, il dispregio dell’oro e la sete di gloria.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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