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      Ivi dopo la celebrazione della Messa, il canto degli Inni dolenti e l’altre usate cerimonie, esponevasi a pie’ dell’altare, la Croce alla comune adorazione. Il celebrante era il primo; a questo seguiva il Primicerio, e terzo era il Doge, che inginocchiavasi umilmente innanzi a quel Sacrosanto Legno, simbolo del grande di tutti i misteri, e monumento d’un sacrifizio, che importò nulla meno che la felicità del genere umano. Nell’eseguire un atto di tanta religione, il Principe spogliava l’aureo manto, e deponeva il Serto Ducale per rendersi in certo modo eguale a tutti quei della comitiva, che dopo lui in bell’ordine si accostavano a prestare divotamente il medesimo omaggio. Nel dopo pranzo col metodo stesso della mattina e collo stesso seguito se ne tornava il Doge alla Chiesa per udire la Predica della Passione, che per consuetudine recitavasi da qualche valente Cappuccino. Intanto allestivasi la Processione. Cominciava questa dalle sei Confraternite, ricchissime di ogni genere di arredi d’oro e d’argento, ed abbondantissime di torcie. Ogni confratello portava inoltre la sua candela accesa in mano. Alle Confraternite succedevano i Canonici di san Marco; indi un gran numero di penitenti vestiti di una cappa nera che li copriva da capo a piedi, e ognuno di essi portata un cereo dipinto e dorato, ma di sì enorme peso da stancar le braccia più robuste. Que’ buoni devoti sostenevano questa pia fatica senza venir da chicchessia riconosciuti, sicchè l’ostentazione e l’ipocrisia non potevano avere parte in tale spontanea penitenza.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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