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      I Veneziani tuttochè sappiano, che la vera pietà non consiste nel lusso, pure col decorare pomposamente le loro funzioni intesero sempre di rendere un grato omaggio alla Divinità, e questo pio instituto l’ebbero, finchè il comportò la generale opulenza dello Stato, nè il perdettero affatto in appresso ad onta delle cangiate fortune; e li veggiamo tutto dì concorrere con grande spesa a dare musiche eccellenti, illuminazioni superbe, ed a riccamente ornare a festa le Chiese delle loro parrocchie, quando intervenga alcuna di quelle funzioni, che non vennero loro dalla scrupolosità dei superiori proibita. Quali sforzi dunque non avrebbero essi fatto per conservar lo splendore ai riti di questo giorno? Riti che oltre il grand’oggetto della Religione, soddisfacevano a tutti i cuori, erano di decoro alla città, attiravano i forestieri in folla, facevano circolare grandissime somme di danaro, e procacciavano il pane ad una gran quantità di persone. Quest’è uno de’ giorni in cui il buon Popolo Veneto al suo annuo ritorno, richiamasi vivamente e tristamente al pensiero la fatal catastrofe del suo paese, del suo governo. Non più Chiese aperte la sera, non più processioni, non più case, nè palagi illuminati, non più Piazza di san Marco risplendente. Che se taluno per antica abitudine esce ancora e va errando per le vie in quella melanconica notte, il fa con quella medesima ansietà della Maddalena cercando da per tutto il Corpo del suo Signore, del quale non trovò in veruna parte indizio alcuno per adorarlo, se non che nel suo proprio cuore.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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