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      In fatti i tre Capi della Quarantia, Corpo che conservava ancora, dopo il gran Consiglio, la maggior autorità, proposero nel 1286 la legge, che niun Cittadino potesse venir eletto membro d’alcun Consiglio, o Collegio, o Magistrato, s’egli non era entrato una volta nel gran Consiglio, o almeno il di lui padre, o il suo fratello primogenito. Anche questa legge, con altre ancora proposte, dava la causa vinta alla nobiltà. Ma il Doge Dandolo ricusò di approvarle, il che era ben naturale; poichè egli era stato uno de’ principali Capi del partito Popolare contro l’Aristocratico in alcune precedenti sommosse assai gravi, che però dalla prudenza del Governo vennero a tempo sedate. Ma il di lui rifiuto non tolse, che dopo dieci giorni non se ne proponessero alcune altre a un dipresso eguali, e che il Doge Dandolo parimente negò di sancire, adducendo per iscusa il pericolo, che si correva in far cambiamenti alla Costituzione, quando i nemici esterni arrecavano tali molestie da meritar che il Governo rivolgesse ad essi tutta la sua attenzione. Prevalse il parere di lui, e, durante il suo Ducato, nulla si alterò; quindi gli stessi vizj continuarono a fruttar sempre gli stessi disordini. Potrebbesi anche dire che il rifiutarsi ai regolamenti proposti, fu quasi un dar coraggio al Popolo di arrogare a sè l’elezione del Doge novello, di riprendere i suoi diritti, e proclamando il Doge Jacopo Tiepolo, di volersostenere la validità di tal elezione. Il gran Consiglio temendo che da questo principio di fermento ne venisse un incendio generale, prese la via della dolcezza.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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