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      Egli frattanto giunse a Venezia macchiato d’infamia, ed il Conte Doimo di Lusino Generale di terra, fu al contrario benissimo accolto. Accadde che pochi giorni dopo doveasi procedere all’elezione di un Consigliere. Entrambi si misero nella lista de’ Candidati. Al momento della ballottazione Jacopo Quirini salì la Tribuna per richiamar la legge dell’anno 1266, che non accordava ai nobili Dalmati la facoltà di entrare in Maggior Consiglio, nè quella di ottenere le primarie dignità della Repubblica. Un Giustiniani rispose; altri replicarono, ed in mezzo a questi dibattimenti di opinioni varie, si passò ad alcuni propositi inconsiderati, e a fatti più ributtatiti ancora. Ad ogni modo il Conte Doimo venne prescelto. Osservossi subito dopo nella Piazza e per le vie varj attruppamenti, ed un certo parlar in disparte, e con molta vivacità, che diede luogo a sospettare essersi la discordia civile aumentata a segno d’inspirare giusti timori per la sicurezza pubblica. A fine di prevenir il male, il Doge d’accordo co’ Consiglieri rinnovò la legge della proibizione delle armi, e fu commesso al Magistrato de’ Signori di notte di soprantendere anche fra il giorno per l’esatto adempimento del Decreto. Ma il diavolo (queste sono le identiche parole di Marco Badoer) che mirava alla rovina del Governo, inspirò a Marco Morosini, Signor di Notte, di volersi assicurare se Pietro Quirini, che avanzavasi verso di lui, avesse armi indosso, e tosto gli pose attorno le mani; ma il Quirini con un colpo di pied


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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