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      Abbiamo abbandonato que’ gradini di duro marmo, dove gli uomini dovevano tenersi seduti per ore ed ore senza mai potersi muovere, e dove le oneste matrone erano escluse per mancanza di luogo convenevole; e le libertine stesse arrossivano di trovarsi frammiste ad uomini di ogni razza, e sovente esposte ai loro insulti e alla loro troppo sfrenata licenza. Quanto a’ moderni, e particolarmente noi Italiani abbiamo inventato quelle loggie separate, quei palchetti deliziosi, dove puossi uscire ed entrare a suo piacimento, dove siedesi morbidissimamente, e dove brilla il più bel ornamento, donne belle, giovani e modestamente vivaci. Che se per una legge salica del nostro paese non poteva chi che sia andare al teatro, che mascherato in tabarro e bauta, non devesi però credere che quest’aspetto apparentemente monotono e melanconico potesse nuocere alle nostre belle. In prima le donne sanno variare all’infinito i loro ornamenti, anche i più semplici, e trovar sempre ciò che meglio a ciascheduna conviene. Inoltre quel tabarro nero attaccato con arte sulle spalle, quella specie di lungo cappuccio di finissimo merlo pur nero chiamato Bauta passando per la testa, e contornando un bel seno, e quel piccolo cappello alla maschile messo con una non so qual bizzarria, aggiungevano una grande espressione alla fisonomia, maggior vivacità agli occhi e freschezza alle guancie. Il Re medesimo fu pienamente convinto che l’oggetto principale, che attrae noi altri moderni al teatro, è assai diverso dell’antico; noi ci andiamo semplicemente per divertirci di tutto ciò che ci prese


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





Italiani Bauta