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      Per la stessa ragione non potè aver luogo la caccia dei fisoli, o anitre salvatiche, che i deputati avevano preparata. Era questa una delle gran passioni dei Veneziani, ed uno spettacolo proprio del lor paese.5 Si dolse il Re che il bel trattenimento non potesse aver luogo. Tutti voller confortarsi colla speranza che il freddo si raddolcisse, e che ne permettesse l’esecuzione in altro momento; ma fu tutto al contrario. Le lagune si coprirono di un ghiaccio sì solido, che si andava e veniva a piedi da Mestre impunemente, cioè per lo spazio di cinque miglia.
      Questo avvenimento sì straordinario sotto il bel cielo d’Italia fu dapprima un soggetto di gran sorpresa, ed in seguito divenne una specie di nuovo divertimento, una speculazione di utilità. Fu paterna vista del Governo, che per togliere ogni sorte di pericolo a coloro, che avessero, profittando del ghiaccio, voluto furtivamente introdurre per vie non sicure, e senza pagar gabelle gli oggetti di consumo, fosse sospeso ogni dazio, finchè la congelazione del mare durava. Per tal modo venne altresì ad assicurarsi che le derrate non mancherebbero a Venezia. Quindi un continuo interminabile parapiglia: qua rotolan botti piene di vino; là una mandra di pecore attraversa gl’indurati campi d’Anfitrite; là buoi uccisi di fresco sdrucciolano tirati da cento braccia sul ghiaccio; di qua drappelli di villanelle o arrecando dalle proprie campagne i prodotti della terra e delle cascine, o se ne ritornano liete alle loro capannuccie col guadagnato danaro.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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