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      Anzi tali divennero questi fondi, questi capitali, queste investiture in effettivo contante, che furono considerate come altrettanti banco-giri, che ricevevano ed affidavano danari a censo. Ne’ gravi bisogni dello Stato, e in occasione di guerra, esse unitamente insolidate apersero degl’imprestiti accreditati,
      sostennero il giro de’ capitali della Zecca, ed offrirono più volte grosse somme di danaro alla repubblica, siccome le minori confraternite diedero buon numero di soldati e di marinaj. Se poi entrar volessimo a parlare dei sommi dispendj da esse sostenuti nel procurar magnificenza e solidità alle lor fabbriche, nell’abbellir queste con tanti e sì preziosi capi d’opera delle belle arti, e con sì gran profusione di marmi, di lampade, di candelabri e di vasi d’oro e d’argento, non sarebbe cosa da finire sì tosto. Motivi tutti, per cui meritarono, che la repubblica stessa palesasse verso di loro la più distinta considerazione visitandole solennemente coll’intervento del Doge, della signorìa e del senato, che vi si portava con il solito decoroso corteggio de’ suoi peatoni dorati. Anche nelle pubbliche funzioni del Doge nella regia cappella di san Marco, le scuole grandi comparivano. In occasione appunto di queste pompose solennità il guardian grande vestiva una lunga veste cremesi a maniche larghe, dette alla ducale, ed il vicario ne portava una di color pavonazzo a manica stretta. I capi delle confraternite avevano sempre la man dritta ed il passo sopra tutti gli altri, quand’anche fossero stati patrizj, perchè allora quelli e non questi figuravano in principalità. Tali pubbliche distinzioni e civili impieghi accordati ad ogni classe, recavano una vera soddisfazione generale.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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