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      A questo fine assicurasi egli in prima con giuramento e con larghe promesse della fedeltà e della forza di ottocento uomini che colloca in varie imboscate; e sapendovi essere nella rocca una finestra che mette sul mare, non dubita più della buona riuscita. Reso con lettera avvertito il principe di quanto far dovea, Carlo nella più fitta oscurità della notte monta nel suo schifo, si avvicina al castello, dà il segnale convenuto, gli è gittata da una finestra una corda, che tosto egli afferra; vi si arrampica, ed entra nella stanza di Calogiani. Principe, scendete meco; ogni dilazione accresce il pericolo; non v’è momento da perdere. Calogiani, abituato alla mollezza, non si sente capace di un’ardita impresa; comincia a tremare, a piangere, e non osa di abbandonarsi alla sorte. Inutilmente il Zen cerca d’infondergli la sua energia, e di far che si determini a seguirlo. Strana situazione di questi due uomini! L’uno ha un trono e forse la vita in premio del suo coraggio, e queste due cose, le più preziose agli occhi di quasi tutti, non bastano a farlo risolvere; l’altro non ha che il piacer di beneficare, e si precipita ad occhi chiusi nel più grande dei pericoli. Pensava forse l’Imperatore, che bastasse ad un sovrano il far voti, e che occorrendo esporsi ai pericoli, toccasse ai sudditi l’affrontarli, e spesso rimanerne le vittime? Non osava però Calogiani manifestare apertamente la sua codardia, e scusavasi con dire, che non gli reggea l’animo di partire, poichè lasciando i suoi figli fra ceppi in potere di Andronico, questo si sarebbe vendicato della fuga immolandoli entrambi.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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