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      Se potessimo veramente assicurarci, che questi timori fossero derivati dalle angoscie di un amore paterno, chi mai v’ha che condannar li potesse? Non sarebbe forse il trionfo il più compiuto ed il più sublime della natura, che detta il più gran sacrificio ed il più generoso abbandono? Ma se, al contrario, questi timori non furono prodotti che dalla pusillanimità e da una vile debolezza, che fa tremare del pericolo personale, non è possibile di non disprezzare un tal uomo. Il Zen fece tuttavia ogni sforzo per vincere tutte le opposizioni di Calogiani; ma questi non seppe con altro rispondere, che colle lagrime e coi singhiozzi. Infine il tempo stringeva; conveniva separarsi. Il Zeno con vero strazio di cuore si allontana dal misero principe, discende nello schifo, congeda i soldati, e rientra in casa afflittissimo.
      Qualche tempo dopo, Calogiani non potendo più tollerare la sua penosissima situazione, fece di nuovo giungere, col mezzo della tenera messaggiera, un’altra lettera al Zen, nella quale egli protesta, che ad ogni costo vorrebbe essere liberato dalla sua dura schiavitù. Per meglio determinarlo al nuovo ajuto, gli spedì un atto sottoscritto di sua mano della donazione dell’isola di Tenedo alla Repubblica. Il Zen, che nulla più desiderava, risponde immediatamente al principe, e lo informa de’ solletici mezzi immaginati per salvarlo. Per una di quelle fatalità singolari, che sembrano disposte propriamente dal destino, la messaggiera rientrando nel castello smarrisce la lettera, che viene prontamente raccolta da una delle guardie, e ch’è subito recata ad Andronico.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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