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      Gl’Inglesi pubblicavano allora, che se la Repubblica di Venezia non avesse in alcun luogo esistito, sarebbe convenuto fondarla, siccome modello della miglior legislazione, e come principal ornamento del mondo. Gli scrittori più accreditati non cessavano di esaltare il governo di Venezia come il migliore di tutti, e quello che più d’ogni altro meritava stima e venerazione. Era divenuta moda lo scrivere sopra la sua costituzione; il conoscerne ed ammirarne le leggi era un conciliarsi gran vanto. Queste leggi furono sempre immutabili; la costituzione non mai si cangiò; ma ben si cangiarono i tempi e la fortuna; quindi la moda che segue sempre gli eventi, adesso torse altrove il volo; di rado essa è nobile e giusta.
      In situazione sì ridente la Repubblica non dovea temer più nulla, nemmeno da’ suoi vicini. Non dal papa, avendo essa avuto la massima parte nell’elezione di Giulio II al pontificato; ed egli stesso l’aveva assicurata della sua viva riconoscenza, aggiuntavi anche la promessa solenne di volerle esser sempre favorevole. Essa in oltre sapeva, che il progetto favorito del papa era quello di scacciar dall’Italia tutt’i barbari; sotto il qual nome chiamavansi tutt’i forestieri che la volevano signoreggiare. La nostra sicurezza dovea pur anche fondarsi sull’essere la Repubblica da gran tempo legata in amicizia con Luigi XII re di Francia, per il quale avea preso le armi, molto contribuendo al suo ingrandimento in Italia. Il re di Spagna dovea essere contento d’avanzo de’ possessi ultimamente acquistati nel regno di Napoli, per non dar motivo d’apprensione alla Repubblica.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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