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      Fu gran prudenza de’ nostri dopo tanta rovina, il far getto di tutto ciò che già stavano per perdere, onde conservare il maggiore di tutt’i beni, la propria indipendenza. A tale oggetto, il Senato spedì ambasciatori a Cesare per offrirgli Verona, Vicenza, Padova coi loro territorj, e il Friuli colla Marca Trevisana, purchè si separasse dall’alleanza colla Francia: offrì pure al re di Spagna le Piazze della Puglia; e pregò il Papa di accettare tutte le città della Romagna, e di volersi far mediatore della pace con tutt’i principi Cristiani, cominciando egli stesso dal far cessare le persecuzioni contro i Veneziani ritirando le sue Bolle. In quanto a Luigi XII la Repubblica sdegnò di umiliarglisi con preghiere, non potendo ormai più considerarlo che come un traditore, il quale calpestava i più sacri giuramenti e i doveri della riconoscenza. Indi passò il Senato a formare quel celebre decreto, per il quale la Repubblica assolveva dal giuramento di fedeltà tutt’i sudditi, autorizzava le provincie della Terra-ferma a trattare col nemico secondo i loro particolari interessi, affrancandole di tutt’i loro debiti verso il governo, ed ordinando in fine ai suoi comandanti di evacuar le poche piazze ch’essi ancora custodivano.
      Quasi tutti gli storici abbandonano qui il filo della storia, per fare le loro osservazioni sopra questi avvenimenti. Hanno essi procurato di calunniare la Repubblica Veneta, dicendo, che, posciachè per la perdita di una battaglia fu spogliata de’ suoi dominj in Terra-ferma, essa non aveva solida virtù, nè forza bastante per reggere un’impero; che più per una certa opinione ed apparenza, che per eccellenza di leggi, di consigli e di reale possanza, erasi accresciuta e sostenuta sino allora in grandezza; e che le sue disgrazie pubbliche avevano finalmente scoperte tutte le imperfezioni del suo governo.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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