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      In confronto a tanto bene, che importano le battaglie e le città perdute, mentre già avevamo giurato, ed eravamo pronti di seppellirci sotto le rovine della patria, piuttosto che sottometterci ad un giogo straniero? Fu dunque vera sagacità che ci consigliò di lasciar passare la burrasca, senza nulla opporre; e fu anche effetto di prudenza e di umanità la deliberazione presa inverso i sudditi, affine di preservarli dal saccheggio, se si conservavano fedeli alla Repubblica, o dalla macchia di ribelli, se per necessità si fossero dati senza opposizione ai nemici. Oltre ciò, così operando, al caso di un propizio mutamento di sorte, era certo, che i popoli sarebbero rientrati spontanei sotto l’obbedienza dei loro antichi padroni, dai quali nulla avevano a temere. Ma ciò, in che si fondano le accuse maggiori di bassezza e di viltà, egli è quell’essere ricorso il Senato a’ suoi nemici per trattare un accordo. Furono vergognosamente alcuni Italiani i primi ad immaginare e a pubblicare un discorso, sotto il nome di Antonio Giustiniani, nel quale rappresentano i Veneziani umiliati e strisciantisi ai piedi di Cesare, per implorare il perdono, esibendo perfino di sottomettere la Repubblica al suo impero. Di tanta viltà potevano mai esser capaci i discendenti di quegli eroi, che combattuto avevano sì gloriosamente anche nelle proprie lagune, e contro Pipino, e contro gli Unni, e contro i Genovesi, senza aver mai perduto il coraggio, ed avendo di tutti trionfato? Poco ci vorrebbe a smentire la nera calunnia, quand’anche non l’avesse smentita il fatto.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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