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      Essa gli fu accordata; ma però mediante la restituzione ai Fiorentini di quanto era stato loro preso durante la guerra, e la cessione di Brescia col suo contado, e di altre piazze ancora ai Veneziani.
      Ritornato il Carmagnola a Venezia, la Repubblica non tardò a rimunerarlo largamente dei prestati servigi. Lo ammise al Patriziato co’ suoi discendenti; gli fece il dono di un palazzo; gli assegnò la terra di Castel-nuovo nel Veronese con buona rendita, e per giunta il regalò di mille ducati d’oro.
      Ma la pace durò poco per la mala fede del Visconti, il quale l’avea forse segnata più per fermare il corso a maggiori disgrazie, che per brama di conservarla, o forse anche con lusinga di riavere il suo Generale, che sapeva essere più irritato contro i suoi ministri, che contro di lui; quindi negò la pattuita consegna delle piazze a chi, in nome de’ Veneziani, era andato a riceverle.
      Di nuovo adunque fu allestito un esercito, e ben più potente di prima, poichè ascendeva a 36000 uomini, oltre un gran numero di navigli da scorrere il Pò, Confermato il Carmagnola nel comando, portò la sua truppa sul Mantovano, mentre la flotta sotto gli ordini di Stefano Contarini ascendeva pel fiume. Contro essa ne aveva equipaggiata un’altra più poderosa il Visconti, e la fece tosto da Pavia discendere sino a Casal Maggiore, fortezza de’ Veneziani, comandata da un nobile Pisani. Qui sbarcarono le truppe del Duca, e strinsero la piazza. Il Pisani sprovveduto di forze, ricorse al Contarini, e non ottenne che deboli ajuti.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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