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      Gli ambasciatori delle Corti straniere fecero le loro rimostranze, comprovando essere l’Ordine di Malta un governo distinto, che sussiste da sè con forze proprie, e che con instituti suoi proprii si regge. Particolarmente il Bailo di Venezia affermò non avere la Repubblica che far co’ Maltesi, mentre anzi essa escludeva dal proprio Governo chi avesse abbracciato quella religione, e adoperava ogni cura per tenerli sempre lontani da’ suoi Stati. Il Divano allora mostrò di arrendersi a queste ragioni, e trattò più dolcemente i ministri esteri. Pubblicossi, che l’ira del Sovrano era contro i Maltesi, che li voleva distrutti insieme alla loro città, senza di che non poteva placarsi.
      Forse Ibraimo così pensava a quel momento, ma a che servono le migliori disposizioni del monarca contro la volontà de’ suoi ministri? In oltre per maggiore sciagura de’ Veneziani, i Mori barbareschi, conoscitori perfetti dell’isola di Malta, fecero all’imperatore una descrizione circostanziata della sua posizione, delle sue fortificazioni, del valore de’ suoi difensori, della loro arte nel maneggio dell’artiglieria, e di tutto ciò infine, che potea renderla inespugnabile; aggiungendo pur anche i pericoli di quel mare, dove le flotte nè ponno fermarsi per mancanza di porti, nè rifuggirvisi in nessuna parte al momento delle burrasche e de’ venti contrarii, talchè corrono il rischio di perire. Ibraimo, benchè a malincuore, fu convinto di queste grandi difficoltà, considerando sopra tutto che gli avvertimenti venivano da persone, che niente più desideravano, quanto la distruzione de’ loro eterni nemici e persecutori; e per ciò si mise egli allora ad ascoltare i ministri, che lo consigliarono di ritirarsi con onore dal suo primo disegno, mirando ad un’impresa assai più utile e gloriosa, quale si era quella della conquista di Candia.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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