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      Diamo nondimeno qualche idea sopra i mezzi adoperati per la difesa interna della Capitale di Candia.
      Di parte e d’altra fu immenso lo sforzo per acquistare e sostenere questa Piazza. Qual lavoro inesausto per iscavare il terreno, gli uni per far giuocar le mine, gli altri per impedirne l’azione, mediante le contromine! I Turchi venivano sempre rinforzati; ma inenarrabile fu la perseveranza, la virtù, l’abbandono totale di sè medesimi alla madre-patria, così de’ Veneti, come de’ Candiotti, che pur non potevano ricevere se non rarissimi e debolissimi soccorsi! Tutte le classi, le età, i sessi, erano ad un sol livello. Miserando spettacolo era il vedere l’agricoltore abbandonar l’aratro e la falce, l’artista i suoi strumenti, le donne stesse la conocchia ed il fuso, e perfino il Vescovo il suo pastorale, ed il general comandante lo stocco, per impugnar la zappa, e bagnar il terreno di inusitati sudori! Da ciò appunto derivarono que’ terribili combattimenti sotterranei, ne’ quali, come dice il nostro benemerito concittadino Carlo Marini nella sua eruditissima Storia del Commercio Veneto, concorsero a gara, per la distruzione degli uomini, il cannone, il ferro, ed ancor più la zappa. Nel solo primo attacco de’ Turchi, i nostri fecero con tanta certezza agir le mine, che il nemico vi perdette più di venti mila uomini; gli altri fuggirono. Rinnovellaronsi gli attacchi ben cento e cento volte, sempre con eguale riuscita; e tale si fu il furor degli assalitori, tale il valor de’ difensori, che malgrado la grandissima disparità del numero, potevasi credere, che questo spaventevole assedio non avrebbe avuto fine giammai.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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