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      Questo piano approvato, si mise egli tosto alla vela; giunse ai Dardanelli, dispose le sue forze per ben chiudere lo Stretto; ed in questo ei riuscì per modo, che nemmen le minaccie d’Ibraimo valsero a far sì, che la sua flotta uscisse. Ma, mancante il Morosini dei soccorsi promessi, fu costretto a distaccare alcune navi per procacciare nuove provvigioni. Il capitan Bassà colse il punto, e col favor della correntia e del vento, uscì dal canale accompagnato da settantasei galere e cinque maone. Il Morosini altro far non potè colle sue piccole forze, che cannonar il nemico nel passaggio; anzi con sei navi si cacciò nel più folto dell’armata nemica, e per sette ore continue tanto la fulminò da costringerla a portarsi all’isola d’Imbro, invece che a Tenedo come voleva, e quivi porsi a riparare gl’immensi danni sofferti. Ma ciò che più del resto onora la sua memoria si fu, che avendo saputo essere fuggita una flotta turca per evitar l’incontro della veneta, egli si diè ad inseguirla, e la costrinse a rendersi a discrezione, facendovi molti prigionieri, fra’ quali Mehemet Agà, fratello del vice-re. Poscia un colpo di vento separò il suo vascello dagli altri, e lo gettò sulle coste di Negroponte. Il capitan Bassà che trovavasi in quelle acque, forte di 45 galere, ebbe la bassezza di ordinare a tutta la sua divisione di circuire il Morosini. Questi non si disanima; si appresta al combattimento, ed incoraggia col suo esempio tutto l’equipaggio. Il nemico lo attacca; ed egli risponde da tutt’i lati con un gran fuoco di artiglieria, che fa strage de’ Turchi.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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