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      Marinai e soldati ad altro più non pensano che alla loro salvezza. La prossima terra fu ad essi di ajuto. Ben più miserabile fu la condizione degli schiavi, che cinti di catene non potevano fuggire, nè i Turchi certo si curavano allora di salvarli. Varii fra quelli cercarono di condur via le galere, e rendersi ai Veneziani, ma confusi nel fumo densissimo di quel grande incendio, erano prima arsi che conosciuti. Tutta la flotta ottomana sarebbe stata incenerita, se, cangiato il vento, non fosse insorto il pericolo, che le fiamme invadessero i nostri legni, onde il Riva fu costretto di ritirarsi dal porto. Recò nondimeno con sè nove vascelli, una galera e tre maone nemiche, fra le quali quella che conteneva il danaro. Quindici nave furono incendiate, molte fracassate, e le altre quasi tutte mal concie. Il mare ed il lido erano coperti di cadaveri, e di frantumi di legni. In una zuffa di due ore appena, più di sette mila Turchi perirono. I prigionieri e gli schiavi liberati furono in grandissimo numero. Dobbiamo noi creder tutto agli storici? Ci assicurano essi che dalla parte de’ Veneti non vi furono che quindici morti e novanta feriti. Questo grande avvenimento ebbe luogo li 12 maggio 1649. Il mondo rimase stupefatto di una tale impresa, perchè a que’ tempi non v’erano che i Veneziani, che avessero l’ardire di passare e ripassare in mezzo alle flotte nemiche. I Turchi stessi nol tentarono mai, ancorchè così forti, e dai loro imperatori minacciati di gravi punizioni se non isforzavano lo stretto, quand’era bloccato dalle altrui squadre.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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