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      La perdita però non essendo stata che di trenta uomini, il Morosini lusingavasi, che i Francesi avrebbero voluto cancellare quella macchia, e che all’arrivo d’un nuovo rinforzo condotto dal duca della Mirandola, sarebbero ardentemente corsi a qualche intrapresa meglio calcolata, gloriosa e decisiva. Ma nulla fu più possibile di ottenere da loro; anzi con sorpresa universale si seppe, che il generale francese si proponeva di ripassar il mare il più presto possibile colla sua truppa. Nè i lagni del Morosini, nè le istanze degli ufficiali Veneti, nè le preghiere dell’intera popolazione, nè le lagrime delle donne, de’ fanciulli, e dei vecchi, nè la maestà del sacerdozio, che se gli presentò in corpo in tutta pompa, valsero a commuovere quel cuore indurito ad ogni nobile sentimento, ed a rimuoverlo da una risoluzione sì indegna della gloria francese, sì funesta ai Veneziani, e sì disonorante la fama di un comandante. In agosto tutt’i Francesi si rimbarcarono.
      Saputasi dai Turchi questa partenza, si tennero sicuri di aver in loro potere la piazza con un solo assalto. Al par di loro conosceva il Morosini questo pericolo, e ne provava estremo cruccio. Piangeva fra sè il destino di tanta brava gioventù, come se ignorasse che una sorte medesima attendeva lui pure. Versatissimo nell’arte militare, poteva calcolar esattamente quante speranze rimanevano ancora di salvamento, e vedeva, che se l’assedio non veniva ben presto levato, e non si resisteva a quest’ultimo assalto, certissima era la perdita della città. Credette dunque suo dovere di chiudere il cuore ad ogni senso di umanità, e di tentar di nuovo ogni mezzo di difesa.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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