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      Raccolse il consiglio di guerra, e fu preso di attaccar Atene anche per potervi fare svernar l’armata nel capace e sicuro suo porto. Egli dunque a quella volta diresse le sue vele, ed il giorno 21 settembre 1687 entrò nel famoso Pirèo, già munito da Temistocle quand’era capo della Repubblica. Esso, che ora chiamasi Porto Lione, dalla statua d’un leone antichissimo che lo abbellisce, comprende in sè altri due piccioli porti, ed una volta univasi alla città con una muraglia lunga cinque miglia. Tosto il generale intima la resa della città; ma gli ottomani, ben provveduti di viveri e di munizioni, ed in aspettazione del Seraschiere che da Tebe doveva recar soccorsi, rispondono fermamente di volersi difendere sino all’ultimo sangue. Fu dunque necessario sbarcar le milizie, e tutti gli attrezzi occorrenti per battere la cittadella, in cui il nemico si tenea rinchiuso. Ardua era l’impresa, poichè il sito suo, in cima ad uno scosceso monte, rendevala inaccessibile da ogni parte, tranne che da quella della porta d’ingresso. Quivi fu preso d’attaccarla; ma come inalzar trincee se il fondo del suolo era puro macigno? Il genio supplisce a tutto. Furono immaginate certe gallerìe superficiali atte a produrre il medesimo risultato dei ridotti. Compiuto il difficile lavoro, cominciossi a fulminare la città con bombe e cannoni; ma ben presto si conobbe, che le bombe cadevano a vuoto, onde fu d’uopo trasportar le batterìe in luogo più opportuno. Nell’atto che ciò eseguivasi, si vide tutto ad un tratto scoppiare un grand’incendio nella fortezza, nè dubitossi che l’accidente non avesse fatto cadere alcune delle bombe sopra il deposito della polvere; onde fu risoluto di proseguire l’attacco del sito medesimo.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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