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      La seconda sera sopra alcune barche fu eretta una superba macchina rappresentante un vaghissimo giardino, nel cui mezzo sorgeva un’altissima piramide di fuochi artificiali, donde uscivano mirabili scoppj, e voli di razzi in mille forme diverse. Nella terza sera, la illuminazione fu fatta a cera, il che riuscì di una magnificenza somma, e di un effetto sorprendente. In terra si vedea una gran figura di lione in atto di squarciare la luna; ed in mare una gran fortezza con alta moschea, e figure all’intorno, che stavano per difenderla dall’attacco; ma essa vinta da que’ di fuori, s’incendiò gittando globi di fuoco vaghissimi che, insieme con la moschea, distrussero tutto il recinto.
      Dopo tali feste, il doge salpò da Egina per andare ad investire Negroponte, e v’incontrò un vivissimo combattimento, con perdita considerabile de’ Turchi; ma dovette abbandonare l’impresa per la grave malattia che a lui sopravvenne, ed ancor più per quella di tutti gli equipaggi. Recossi dunque colla flotta a Napoli di Romanìa. Quando il Senato ebbe avviso della sua mala salute, spedì colà altro soggetto in figura di provveditor generale, perchè, in caso di disgrazia, fossevi pronto un sostituto. Ma esso si ristabilì un poco, ed anzi scrisse al Senato, chiedendo la permissione di ripatriare. Mentre aspettava la risposta, volle tentar nuove imprese. Andò a bloccar Malvasìa, e sì fortemente la strinse, che impossibile se le rendea qualsiasi soccorso; il che non facea dubitare, che sarebbe quanto prima caduta, come di fatti avvenne assai presto sotto il suo successore.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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