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      Simile maniera di forza singolare, previdente e gentile, rendeva inutile quella, che col terrore dovuto alla sua natura, reca nell’animo degli spettatori di pubbliche feste una impressione triste, e che certamente diminuisce il comune entusiasmo. Insomma queste elegantissime e snelle bissone, e quelle ricche e maestose peote formavano una specie di decorazione magica natante. Avresti detto esser quello il trionfo di Anfitrite.
      Ad aumentar lo splendore d’una Regata, concorreva la qualità del luogo. Immaginiamoci questo superbo canale fiancheggiato ai due lati da una lunga fila di fabbriche d’ogni sorte, da un gran numero di marmorei edifizj pressochè tutti di una struttura nobile e maestosa, e quali ammirabili per un gusto antico e gotico, quali per una ricchissima architettura greca o romana; tutte le finestre e le loggie ornate di damaschi, di tappeti di levante, di stoffe, di arazzi, di velluti, li cui vivi colori erano animati vieppiù da galloni, da frange d’oro, ed a cui s’appoggiavano leggiadre donne vistosamente parate, e portanti sul capo giojelli tremuli e rilucenti. Da qualunque parte tu volgessi gli sguardi, non vedevi che una moltitudine immensa, sia sulle porte, sia sulle rive, e perfino su i tetti. Alcuni tra gli spettatori occupavano certi palchi costrutti a bella posta sul margine dell’acqua. Le patrizie non isdegnavano di abbandonare i loro gran palagi e di entrare nelle loro gondole, per venirsi ad unire e confondere colle infinite altre barche, e con quei battelli verdeggianti di frasche, nei quali, se non regnava il più rigido contegno, brillava almeno l’ebbrezza del piacere e la vera serenità del cuore.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





Anfitrite Regata