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      Et però non c'increscerà scrivere i suoi versi, che dicono così:
     
      La Corte si dipinge una Matrona
      Con viso asciutto e chioma profumata,
      Dura di schiena, & molle di persona;
      La qual sen' va d'un drappo verde ornata,
      Benché à traverso à guisa d'Hercol tieneUna gran pelle d'Asino ammantata.
      Le pendon poi dal collo aspre catene,
      Per propria dapocaggine fatale,
      Che scior se le potrebbe e uscir di pene;
      Hà di specchi, & scopette una Reale
      Corona, tien sedendo su la pagliaUn piè in bordello e l'altro à lo spedale;
      Sostien con la man destra una Medaglia
      Ove sculta nel mezzo è la Speranza,
      Che fà stentar la misera canaglia.
      Seco il tempo perduto alberga e stanza,
      Che vede incanutir la promissioneDi fargli un dì del ben se gli n'avanza;
      Poi nel rovescio v'è l'Adulatione,
      Che fà col vento de le sberrettateGli ambitiosi gonfiar come un pallone;
      Vi sono anco le Muse affaticate,
      Per sollevar la miser,a e mendicaVirtute oppressa da la povertate;
      Ma si gittano al vento ogni fatica,
      C'hà sul corpo una macina da guato,
      E Fortuna ad ogn'hor troppo nemica;
      Tien poi nell'altra man l'hamo indorato,
      Con esca pretiosa cruda, & cotta.
      Che per lo più diventa pan muffato.
     
      Nè lascierò di scrivere il Sonetto del Signor Marc'Antonio Cataldi, il quale dice à quest'istesso proposito:
     
      Un vario stato, una volubil sorte,
      Un guadagno dubbioso, un danno aperto,
      Un sperar non sicuro, un penar certo,
      Un con la vita amministrar la morte;
      Una prigion di sensi, un lascio forte,
      Un vender libertade, à prezzo incerto,
      Un aspettar merce contraria al merto,


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Iconologia overo descrittione dell'imagini universali cavate dall'antichità et da altri luoghi da Cesare Ripa
di Cesare Ripa
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