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      Non può esser duello (& pur è tale ogni disputa) se non da scherzo, & ridicolo, ove non si trattan l'arme, che senza taglio, ove mai si ferisca, ma si minacci solo. E se egli, inimico fiero, implacabile, cerca non ferir solamente, & estinguer la dottrina di Aristotile, ma con punture acutissime, e velenose di lingua atterrar la sua fama, & più quella di suoi seguaci; perche ad altri, forse manco sproportionato ad esso, che egli ad Aristotile (à ragion di taglione, à giusta difesa) non sarà lecito far in parte l'istesso contro di lui? Io per tanto, come io, humilmente l'inchino; ma come ministro d'Aristotile (qual mi sia), con l'arme di Aristotile istesso, con i suoi naturali principij, che giudico sufficientissimi (come si vedrà nell'esito), non mancherò à quanto posso. Altri di più ricco talento suppliran forse a quanto intieramente si deve; ne perciò queste mie bassezze gli saranno pregiudiciali; ò affatto inutili, poiche dal tenebroso di esse spiccherà più chiara, & più fiammeggiante la vivezza del loro sapere. Non mi curo di applauso, non ho umore d'esserne stimato disputante, redarguente, saputo; mi si attribuiscano pure gli humili fini predetti. E chi della loro candidezza sarà contento, chi si sodisferà d'un desio di ben oprare, senza mirar per minuto l'opere istesse, gradirà cortesemente l'impresa. Altri à sua voglia la sprezzi. La gentilezza che con benignità l'accoglie, la scusa, ò la compatisce, mi sarà soave sprone ad altri impieghi. La severità che la biasma, ò la avvilisce, mi sarà freno tenace, da non trabboccar per l'avenire in errori; & incentivo potente di correggere i già commessi.


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Esercitazioni filosofiche
di Antonio Rocco
Appresso Francesco Baba Venezia
1633 pagine 230

   





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