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      Credete voi, Signor Galileo, esser il primo inventore & unico de gli stromenti con i quali si veggono gli affetti celesti? Credete che quei famosi Astronomi, che così minutamente hanno numerato le quasi innumerabili stelle del Cielo, formatele così acconciamente in figure distinte, divisa la celeste machina così ordinatamente nelle sue parti e gradi; che per tanti secoli ne hanno data cognitione così esatta à gli huomini, non siano giunti alla pienezza della cognitione alla quale sete giunto voi? Io, quanto a me (perdonatemi), non lo credo, ne huomo alcuno sensato se lo potrà persuadere. Anzi è più tosto credibile, che havendo essi sì acutamente penetrato la celeste struttura (per quanto è concesso all'intelletto humano), abbiano avuto ed instromenti ed ingegno da veder l'impressioni che voi dite. Ma di vederle ancor tanto meglio di voi, che ne habbino chiaramente conosciuta la loro positione fuora del Cielo. E però ragionevolmente dica Aristotile che niuna mutatione si è mai vista in esso. Il che si hà da intendere conforme alla maniera scientiale del suo dire, non già volgarmente; cioè che, usate le diligenze, & artificij che a tal cognitione celeste e filosofica si richiede, e da lui e da innumerabili egregi professori non si sia vista cosa alcuna variata. Aggiungo che, come le scienze Matematiche (qual se ne sia la cagione) non sono ora in Europa di gran lunga in quella eccellenza che furono ne i tempi antichi, anzi che appena se ne serbano i vestigi (per quanto dicono e scrivono homini degni di fede, e per quel che ne mostra l'esperienza, i pochi professori e le catedre quasi derelitte), così i Matematici de tempi nostri (siano pur singolari quanto possono, fra quali singolarissimo stimo voi) non hanno egualità con quei famosissimi antichi, e come sarebbono stati tali senza i dovuti instrumenti? come si dirà veloce al volare un ucello senz'ali?


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Esercitazioni filosofiche
di Antonio Rocco
Appresso Francesco Baba Venezia
1633 pagine 230

   





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