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      15. Indi tornando all'inegualità della Luna, che tale si mostra per le diverse mutabili ombre, che in lei (mercè del Telescopio) si veggono; rispondete à Simplicio (il quale ciò attribuisce à diversità di opaco ò di perspicuo, come si vede ne i cristalli triangolari o in altre materie diafane), che abbassarsi & alzarsi l'ombra, crescere ò minuirsi, svanire all'apparir del Sole, & nel suo dilongarsi apparire, non può avvenire da diversità di opaco, ò di perspicuo, ma da reali prominenze, & inequalità, come si vede fra noi.
      16. In oltre intendete provar che la Luna non habbia più lume per se stessa che la terra, con un essempio e paralello fra essa Luna, & una nuvola; già che di giorno, vista la Luna fra le nuvole, ella apparisce una di esse, le quali ricevono lume dal Sole più che la Luna, e senza tal lume restano oscure, onde tal'ora le stimiamo montagne; dunque così parimente la Luna è per se stessa più oscura, che le nugole, e dal Sole solamente ha il lume, e senza di lui è men chiara, ò splendida, che la terra. Et in effetto, un muro illuminato dal Sole si mostra di giorno più risplendente che la Luna nel tempo di notte pienamente, e senza impedimento irradiata dall'istesso Sole; anzi da i riflessi del lume del muro si ha maggior splendore assai, sì che vi si legge, e fanno altre operationi dipendenti dal lume, le quali non si possono fare al lume della Luna.
      17. Dunque da questo segue, che il lume della terra, il quale ella riceve dal Sole, e che è maggior assai di quello della Luna, possa illuminar essa Luna, come la Luna di notte illumina la Terra; e tanto maggiormente, quanto questo è maggior di quello della Luna, e quanto la Terra è maggior quaranta volte di essa Luna: e quanto meno la Luna è illuminata dal Sole, tanto più si vede il suo cerchio con qualche lume, che è quello, che gli riflette la terra, non impedito all'ora dal lume maggior del Sole, già che apparisce più il lume e più spicca, ove meno è impedito, & ove hà d'intorno più di oscuro, ò di opaco.


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Esercitazioni filosofiche
di Antonio Rocco
Appresso Francesco Baba Venezia
1633 pagine 230

   





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