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      E perciò (come pur questa volta fate rispondere bene al Signor Sagredo, e poi non l'impugnate bene, come vedrete) dal cadere un sasso radendo la Torre, dalla cui sommità sia fatto cadere à perpendicolo, s'inferisce la stabilità della Terra: non la pluralità de' moti, che voi intendete. E quantunque non sia impossibile, ne repugnante, la mistione di moto retto, e circolare insieme in un medesimo mobile, nel modo che di fatto può vedersi in più cose, nel caso però supposto per la ragione predetta è impossibile, e sarà carico vostro provar di nò. Ne sarà simile la mistura dell'aria col fuoco (come anco pur questa volta dice bene il vostro Simplicio) con questa di una machina cadente. Torniamo per tanto alle vostre positioni. Apportate in nome di Simplicio vostro per Aristotile, l'essempio della pietra cadente dalla cima dell'albero della nave, la quale movendosi essa nave, resta per alcun spatio indietro, e così accaderebbe, movendosi la terra, nel discendere parimente di una pietra, ò di altro corpo grave. Dite esser gran disparità tra 'l caso della nave, e quel della terra quando il globo terrestre havesse il moto diurno; imperoche manifestissima cosa è, che il moto della nave, sì come non è suo naturale, così è accidentario di tutte le cose, che sono in essa; onde non è meraviglia che quella pietra, che era ritenuta in cima dell'albero lasciata in libertà scenda à basso: senza obligo di seguir il moto della nave. Ma la conversion diurna si dà per moto proprio, e naturale al globo terrestre, & in conseguenza à tutte le sue parti, e come impresso dalla natura è in loro indelebile, e però quel sasso, che è in cima della torre, hà per suo primario instinto l'andar intorno al centro del suo tutto in vintiquattr'ore; e questo natural talento esercita egli eternamente, sia pur posto in qual si voglia stato.


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Esercitazioni filosofiche
di Antonio Rocco
Appresso Francesco Baba Venezia
1633 pagine 230

   





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