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      Al vero esatto, adeguato in niun modo; è pensiero verace e modesto d'Aristotile. È verità reale; e tanto sarebbe à dire che uno si desse à credere come sia fatto il Cielo, perche da lontano lo vede, e lo contempla, come che un temerario nato in una grotta, che non havesse mai visto humane habitationi, vedendo dalla cima d'un monte fra dense caligini una gran Città, pretendesse sapere ciò che vi si contenga dentro, anco nelle case, nelle sale, e nelle camere de gli habitanti. E se il nostro corpo tanto vicino à noi stessi, che è parte di noi, con tante Anotomie di huomini sì grandi nell'arte, non è ancor in parte pienamente conosciuto, e ne resta in controversia l'essenza istessa di lui, conosceremo il celeste? oh con quanta sapienza hanno simboleggiato i più savij, che alcuni misurando il Cielo, e credendo entrare ne penetrali del Paradiso, non veggono la fossa, che in terra hanno pericolosa avanti gli occhi! Non voglio trascurar un punto, che quasi con digressione voi toccate contra Aristotile; cioè, che non sia stato provato da alcuno sin'ora, che il Mondo sia finito, conciosia che havendolo creduto di provar Aristotile per via del moto circolare, il quale non può esser di altro che di corpo finito, se gli negherete (dite) l'assunto, cioè che l'Universo sia mobile, tutte le sue dimostrationi cascano. Al che io vi dico, che Aristotile nel terzo della sua Fisica non per via solamente di moto, ma anco per altre ragioni evidentissime, hà mostrato esser impossibile, che alcun corpo, ò altra quantità permanente possa trovarsi attualmente infinita, onde vi si comprende anco il Cielo.


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Esercitazioni filosofiche
di Antonio Rocco
Appresso Francesco Baba Venezia
1633 pagine 230

   





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