Pagina (162/310)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Non incontrammo anima viva, all’infuori di un arabo di Sokna, che tornava dalla caccia, e perdemmo tre negri, che rifiutarono di andare più oltre.
      Ai 17 di marzo attraversammo, dal mezzogiorno alla sera, un desolato altipiano: una Hammada, che deriva dall’Harugi e si è meritato il nome di «Ssodaia» pel color nero delle pietre che la ricoprono. Dopo una scesa precipitosa di circa 150 m., raggiungemmo quindi verso le 9 ore di sera i primi palmeti di Zella, dove i lavoratori e gli schiavi ci accolsero assai lietamente. Contenti eravamo, dopo la lunga marcia per la pianura deserta, di nuovo conversare con esseri umani. Il mattino di poi, non appena movemmo di buon’ora alla volta della città, ci si presentò tosto, fuori del bosco di palme, Zella assisa sulla cima d’un alto monte. E più ci avvicinavamo alla città e maggiore era il numero degli abitanti che ci si adunavano intorno.
      Di lì a poco però Scich Ibrahim e i maggiorenti di Zella ci vennero incontro, colla piacevole notizia che aveano inviato a Sokna uno dei loro corrieri (72) per invitarmi a venire a Zella. Questo corriere, per nome Urida (rosetta), non ci aveva incontrati, perchè probabilmente era andato per la via più corta. Ma nonostante le liete accoglienze da parte delle autorità, la importunità del resto degli abitanti e la stucchevole curiosità dei fanciulli c’infastidivano immensamente e non vi era mezzo di liberarsene. Quanto fosse illusoria in questi luoghi l’autorità della Porta mi fu palese sin dal primo momento, perchè appena gli zaptié, che ci accompagnavano, fecero cenno del loro incarico di riscuotere del denaro, furono semplicemente messi in canzone.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano
1913 pagine 310

   





Sokna Hammada Harugi Zella Zella Scich Ibrahim Zella Sokna Zella Urida Porta