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      Sul capitolo dei rapporti tra i musulmani ed i cristiani o ebrei, Sidi es-Snîssi ha spinto il rigorismo ai suoi più estremi limiti.
      È proibito di parlare a un cristiano, oppure ad un ebreo, di salutarlo, di commerciare con lui, ancor più di servirlo contro stipendio. E, se l’ebreo od il cristiano è altra cosa che un ra’aija, cioè se egli si libera del tributo ai musulmani, in una parola, se gode della sua indipendenza politica, diventa un nemico che la legge autorizza, anzi raccomanda di predare e d’uccidere là, ove e quando si può (127). Quindi nessuna concessione su questo punto speciale. O l’infedele subirà la condizione di tributario, che i legisti musulmani, più ancora del corano, resero durissima per ogni uomo amante della sua dignità, oppure esso è assimilato ad una bestia feroce, alla quale si tenderanno dei lacci se non si osa di attaccarlo recisamente.
      Un punto importante che è essenziale di non perdere di vista, si è la tendenza della confraternita di Sîdi Mohammed ben’Alì es-Snûssî di assimilarsi le altre associazioni religiose sorte, al pari di essa, dalla scuola dei Sciadhelija, cioè la quasi totalità degli ordini musulmani. E questa tattica, i cui risultati politici possono divenire assai gravi, fu coronata da successo nel maggior numero dei casi.
      Ed è così che le confraternite religiose di SidiAli Sciadhelì, di Sidi Abd el-Qâder el-Ghîlâni, e non el-Gilani come si dice nell’Algeria (e la cui casa madre è a Baghdâd), di Sìdi Mohammed ben ’Aissâ, di SidiAbd er-Rahmân Bû-Qoberein, di Sidi el-Madani, di SidiAbd er-Rahmân Tha’alebi (Bû-Scikhíja), di SîdiAbd es-Salâm di Misrata, e persino, a quanto pare, di Sidi Ahmed et-Tigiâni, senza contare la confraternita dei Derkâua non riformati, dopo aver quasi tutte cominciato col ripudiare la dottrina e la regola nuove, subiscono ora più o meno il giogo intellettuale dei Snûssìja, e adattano sempre più la loro linea di condotta politica ai precetti del fondatore di quest’ultimo ordine.


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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano
1913 pagine 310

   





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